Infanzie perdute e presenze sbiadite nella guerra tra coniugi

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“La fragranza di una rosa scaturisce dalle sue radici e la forza della vita adulta scaturisce dall’infanzia.”

(Austin O’ Mally)

Nella guerra tra coniugi , nella maggior parte dei casi assistiamo a giochi di potere che hanno come fulcro i figli, la loro spensieratezza, il loro diritto al gioco, il loro diritto all’infanzia sic et simpliciter.

Entrambi i genitori  hanno la responsabilità genitoriale”. Questo è quanto recita  l’art 39 del  decreto legislativo del 28 dicembre 2013 n. 154.

Tale nuovo assetto normativo  si è ispirato  al cambiamento legislativo  disciplinante  “l’affidamento condiviso ”- introdotto con la legge n.54 del 2006 – inteso ad assicurare ai figli il diritto alla  bigenitorialità e dunque, il diritto ad un rapporto equilibrato ,paritario  e continuativo con entrambi i genitori. L’ art 337- ter del codice civile impone al giudice, infatti, di valutare “prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori.”  Non a caso il sintagma normativo usa il verbo “restino”  proprio a sottolineare l’importanza (oltre che dell’affidamento condividiso)di evitare cambiamenti traumatici al minore . Un ordine da tutelare in rerum natura, preesistente al caos  eppure difficile da preservare dinanzi  all’assenza di collaborazione tra genitori in conflitto . Genitori che spesso divengono figli per sfuggire  alle sofferenze generate dalla crisi coniugale , anzi  caricandole sui figli stessi  anziché coabitarle fino ad oltrepassarle.

Pertanto, l’affidamento esclusivo (ossia ad un solo genitore) è l’eccezione, che diviene regola soltanto (si fa per dire)dinanzi al preminente e superiore  interesse del  minore ossia qualora “ il giudice ritenga  con provvedimento motivato che l’affidamento all’altro sia contrario all’interesse del minore” (art.337- quater c.c.) o anche,  qualora il giudice ritenga  che tale regime  in virtu’ di una radicata conflittualità tra coniugi ponga in serio pericolo l’equilibrio e lo sviluppo psicofisico del minore (Cass. n. 27/2017)

Tuttavia, anche in tal caso il genitore non affidatario  ha il diritto e dovere di vigilare  sull’istruzione della prole e sulla loro educazione, essendogli consentito finanche  di ricorrere al giudice qualora ritenga che siano state assunte dall’altro coniuge decisioni pregiudizievoli.

Inoltre, anche in tal caso  i genitori devono adottare insieme le decisioni di maggiore interesse .

Dunque, non si perde lo status  di genitore per un mero provvedimento , prevalendo sempre una logica “naturale”  , collaborativa, inclusiva e fertile all’incontro tra logose pathosossia tra dialogo costruttivo e sereno  e dolore tormentato e inevitabile. Un fiore non può essere sradicato dal proprio giardino altrimenti ne morirebbe.

Possiamo dunque, pacificamente affermare che   l’ affidamento esclusivo  non impedisce l ‘esercizio della potestà (oggi  non  a caso definita responsabilità)  genitoriale, purché il coniuge non affidatario  mantenga l’idoneità genitoriale, intesa quest’ultima anche come “capacità di preservare la continuità delle relazioni parentali con l’altro genitore, a tutela del diritto del figlio alla bigenitorialità e alla crescita equilibrata e serena “(Cass. n. 6919/2016).

Interessante al riguardo è proprio una  sentenza della Corte di  Cassazione  (n- 250/2011) che nel tutelare  ,nel  caotico magma  sociale,  prima ancora che giuridico l’interesse primario del minore ,così recita :  “la strumentalizzazione dei figli nella crisi coniugale per scopi vendicativi nei confronti dell’altro coniuge integra il reato di maltrattamenti ex art 572 c.p “ ossia maltrattamenti in famiglia o verso i fanciulli. Le condotte in esame sono caratterizzate da pluralità, continuità e vessatorietà configurantesi in ripetute minacce, ingiurie, umiliazioni sorrette da consapevole malafede che comportano  effetti devastanti  sulla crescita del minore.

Al di là di un più pregnante profilo penalistico, è interessante capire come la comunicabilità e interazione tra coniugi rilevi ai fini di valutare  la cd. idoneità genitoriale  e come un contrasto tra i due , radicato e irrisolvibile  possa danneggiare la stabilità affettiva della prole. Pertanto,il giudizio prognostico che il giudice, nell’esclusivointeresse morale e materiale del minore, deve operare circa le capacità dei genitori di crescere ed educare il figlio nella nuova situazione determinata dalla disgregazione dell’unione, va formulato tenendo conto, in base a elementi concreti, del modo in cui i genitori hanno precedentemente svolto i propri compiti, delle rispettive capacità di relazione affettiva, attenzione, comprensione, educazione e disponibilità a un assiduo rapporto, nonchè della personalità del genitore, delle sue consuetudini di vita e dell’ambiente sociale e familiare che è in grado di offrire al minore, “fermo restando, in ogni caso, il rispetto del principio della bigenitorialità, da intendersi quale presenza comune dei genitori nella vita del figlio, idonea a garantirgli una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi, i quali hanno il dovere di cooperare nella sua assistenza, educazione ed istruzione” (v. Cass. n. 18817-15);

L’importanza di tale diritto è testimoniata dalla sentenza della Cedu 9 gennaio 2013, n. 25704, L. c. Rep. Italiana, che ha affermato la violazione dell’art. 8 della convenzione da parte dello Stato italiano, in un caso in cui le autorità giudiziarie, a fronte degli ostacoli opposti dalla madre affidataria, ma anche dalla stessa figlia minorenne, a che il padre esercitasse effettivamente e con continuità il diritto di visita, non si erano impegnate a mettere in atto tutte le misure necessarie a mantenere il legame familiare tra padre e figlia minore, attraverso un concreto ed effettivo esercizio del diritto di visita nel contesto di una separazione legale tra i genitori  senza adottare   misure specifiche per il ripristino della collaborazione tra i genitori e dei rapporti tra il padre e la figlia, anche avvalendosi della mediazione dei servizi sociali. In caso di separazione personale conflittuale tra coniugi, l’affidamento del figlio minorenne implica un diritto effettivo e concreto di visita del genitore presso il quale il minore non sia collocato. In tema di affidamento di figli minori, qualora un genitore denunci comportamenti dell’altro genitore, affidatario o collocatario, di allontanamento morale e materiale del figlio da sè, indicati come significativi di una PAS (sindrome di alienazione parentale), ai fini della modifica delle modalità di affidamento, il giudice di merito è tenuto ad accertare la veridicità in fatto dei suddetti comportamenti, utilizzando i comuni mezzi di prova, tipici e specifici della materia, incluse le presunzioni, ed a motivare adeguatamente, a prescindere dal giudizio astratto sulla validità o invalidità scientifica della suddetta patologia, tenuto conto che tra i requisiti di idoneità genitorialerileva anche la capacità di preservare la continuità delle relazioni parentali con l’altrogenitore  (cfr Cass. 6919/2016).

Giova ricordare che ai fini della valutazione dell’idoneità genitoriale rileva più che l’astratta sussistenza della cd PAS  l’adeguatezza di un genitore  a svolgere il proprio ruolo nei confronti di un figlio minore.

“Costituisce condotta d’inadeguatezza,  ad esempio, quella della madre che denigra e svaluta costantemente la figura paterna anche allo scopo di esautorare il padre della piccola e di sostituirlo, nello svolgimento del ruolo paterno, con la figura dell’attuale compagno convivente”(cfr Cass n. 21215/2017).

Siamo dunque di fronte ad un diritto che ci parla. E ci parla di collaborazione, di decidere insieme, di relazione, di relazione affettiva. Di continuità delle relazioni. Un diritto carico di sostanzialismo etico e non solo formalismo procedurale, un diritto che si destreggia fiero dei suoi principi dinanzi alla rabbia, alla vendetta, all’incomunicabilità. Un diritto fiero dinanzi a fiere nel vischioso deserto del reale.

Tocca  a noi ascoltarlo.

 

Come fare violenza psicologica ai figli durante una separazione coniugale?

Di seguito un vademecum delle cose da non fare:

  • ABBANDONATEVI a scenate a causa dei conflitti sorti per la separazione;
  • LITIGATE davanti ai vostri figli, anche circa la loro “gestione”;
  • USATE parole offensive nei confronti dell’ex coniuge che rimarrà sempre il padre/la madre dei vostri figli;
  • USATELI come ostaggi per ferire o controllare l’ex partner;
  • SIATE FALSI, chiedete di stare con loro solo per fare un dispetto all’ex partner (i figli SI SENTIRANNO solo strumenti di ricatto o potere);
  • CHIEDETE CHE SIANO testimoni delle azioni sbagliate di mamma e/o papà;
  • CHIEDETE di dare torto o ragione a l’uno o l’altro genitore;
  • RENDETELI giudici o avvocati nella vostra separazione;
  • UTILIZZATELI per riconciliarvi all’ex partner (“i NOSTRI figli vogliono che torniamo insieme”);
  • COINVOLGETELI ED INFORMATELI dei motivi della vostra separazione coniugale (tradimenti, conflittualità relazionali).

 

RICORDATE CHE SIETE UNA COPPIA GENITORIALE SIA GIURIDICAMENTE CHE AFFETTIVAMENTE,

DUNQUE TUTELATE E PROTEGGETE I VOSTRI FIGLI.

 

Come?

  • Gestite bene tempi, attività ed orari di frequentazione con entrambi i genitori e create delle routine: i bambini devono sapere come e quando staranno con i genitori in questa nuova situazione familiare;
  • Organizzate incontri ed attività con tutta la famiglia solo se riuscite a tenere da parte le tensioni e solo se lo fate esclusivamente per il benessere dei vostri figli, non per raggiungere altri scopi.

 

Carmen Cieri Avvocato Foro Avellino

Carmen Guarino Psicologa Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale

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